Gandolfi, semplicemente Maestro


Gandolfi, semplicemente Maestro


di Silvio Marvisi

Chi era Romano Gandolfi. Ecco la domanda a cui il convegno di sabato 27 febbraio al Ridotto del Teatro Regio, organizzato dal Centro Studi Romano Gandolfi, ha voluto dare una risposta. Un direttore d’orchestra, un Maestro di coro, un parmigiano e un musicista.

Il medesanese del 1934 ha fatto esperienze in tutto il mondo ma ha raggiunto il successo e la fama a Milano, esattamente come Verdi. Il titolo del convegno era infatti “Verdi nel cuore e nella mano, Romano Gandolfi musicista e maestro”.

IMG_1248OK“Gandolfi era erede in assoluto della coreutica – afferma Gustavo Marchesi nella nota inviata a causa di un malanno di stagione – consapevole di essere il reggitore di una colonna portante dello spettacolo, la voce collettiva, la vox populi, chiedeva ai suoi di mettersi al servizio incondizionato di un lavoro d’insieme”.

“Aveva una dignità solidissima, antica, umanissima – prosegue Marchesi – venuto da una civiltà terragna, cosciente della fatica e formato con altrettanta tenacia, spronava i suoi cantori, li batteva con la sferza dell’esempio, ma era il loro padre e fratello”.

Giuseppe Martini, critico e membro del Comitato scientifico per l’edizione dei carteggi verdiani, ha invece tracciato il parallelo con Pretre, Abbado e Karajian, il Maestro che ha creato il suono pastoso dei Berliner Philharmoniker. “Gandolfi sfrutta lo stesso principio – afferma Martini – dando attacchi anticipati ai coristi. Non tutti riuscivano a vedere quel gesto così si creava quel quid in più, l’interpretazione che dava grande pathos”.

Quella peculiarità Gandolfi la prende anche da amici di grande rilievo, ricorda Martini, come Carlos Kleiber che affermava “la passionalità risolve i problemi interpretativi”. Kleiber sosteneva Gandolfi che gli infondeva coraggio, quest’ultimo apprezzava la continua ricerca e l’interiorizzazione di Kleiber.

Carlamaria Casanova, biografa della Tebaldi e giornalista di fama internazionale, ha chiarito quali peculiarità deve possedere un Maestro di coro, partendo da un amore sfegatato per la voce che ha accomunato i più importanti come Veneziani, Casoni e anche Gandolfi. Quest’ultimo ha elevato la figura del corista a vero artista del palcoscenico, prima esistevano solo i coristi. La figura di Maestro di coro è nata grazie a Gandolfi, alla sua energia e alla dedizione dimostrata in tutta la carriera.

IMG_1258OK“Gandolfi era pittoresco quanto efficace nei suoi richiami – afferma Andrea Rinaldi, presidente della Corale Verdi – con lui ogni prova era diversa, per togliere di mezzo la routine che, secondo Gandolfi come altri maestri, è la morte dell’attività musicale”.

“Lavorava di psicologia, quando c’erano le prove separate: prima provava i bassi e i baritoni poi diceva “questo pezzo funziona meglio con i tenori” così davamo il meglio. Poi alla fine diceva “no, fanno meglio i bassi e i baritoni”, faceva il suo gioco e ci aiutava a dare il meglio di noi.

Piero Mioli, musicologo e docente all’Università di Bologna, ha evidenziato gli studi del Maestro medesanese partito da Cimarosa e Rossini passando poi alle prime opere di Verdi. I maestri tedeschi invece partivano da Aida senza un’adeguata formazione per la “musica delicata”, come la definisce Mioli. Gandolfi conosceva la scuola veneziana, romana e fiamminga ed era arrivato a mettere in scena “Mosè e Aronne” (Moses und Aron) di Schonberg, opera dodecafonica estremamente difficile che Gandolfi ha eseguito nel 1998 al Metropolitan di New York, chiamato proprio per ravvivare il coro.

L’intervento del Maestro Martino Faggiani, già Maestro del Coro del Teatro Regio oggi a Bruxelles con identico incarico, arriva invece dal pubblico e racconta di come Gandolfi era umile, pronto a raccontare il suo metodo di studio e di lavoro, al contrario di altri colleghi molto restii a dare suggerimenti mentre Romano Gandolfi era pronto a mettersi in gioco. Raccontava quanto era importante studiare a memoria le partiture perché la voce ha bisogno del contatto diretto con il canto, se si guarda lo spartito, si crea una frattura. Il suo unico rimpianto è stato di non aver potuto passare più tempo con lui.

Silvio Marvisi

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