Leone Magiera ricorda il genio di Gandolfi: “Vitale e stimato da Von Karajan”


da Polis Quotidiano dell’ 11 dic 2012 – pagina 11 – di Silvio Marvisi

 

Leone Magiera al pianoforteMagiera ricorda il genio di Gandolfi

“Era vitale e stimato da Von Karajan”

 

L’amicizia fra il pianista di Pavarotti e il Direttore di Medesano è nata al Conservatorio di Parma e mai interrotta. Una passione: la musica

 

 

E’ nato a Modena, si è diplomato in pianoforte a Parma dopo essersi esibito per la prima volta in concerto a 12 anni. E’ uno dei più noti pianisti italiani, è stato fra l’altro il pianista di Pavarotti e molti altri, e soprattutto è stato uno dei più grandi amici di Romano Gandolfi. E’ Leone Magiera, classe 1934, che sabato sera ha tenuto il concerto in ricordo proprio del maestro di Coro nativo di Medesano. Uno fra i cinque più rappresentativi al mondo. Ha proposto alcuni brani di Schumann e Chopin oltre a una fase introduttiva in cui ha ricordato l’amico scomparso nel 2006. Ha ricevuto in “regalo” la sua pagella di valutazione con una serie di 10 con lode per l’espressione, esecuzione di Beethoven e diverse altre voci. A quanto dice Magiera anche Gandolfi aveva una pagella come la sua.

Ecco di seguito l’intervista in cui Leone Magiera ricorda Gandolfi, con aneddoti che racconta come se fossero successi solo pochi giorni fa, e racconta quali devono essere i punti di forza perché un artista sia considerato tale:

Come siete stati, lei e Gandolfi?

Ci siamo conosciuti a 14 anni perché frequentavamo il Conservatorio insieme. Lui faceva composizione, io pianoforte con il maestro Rastelli. Ci vedevamo sempre nelle materie complementari, storia della musica e altre. Nel tempo libe-ro eravamo quasi sempre insieme, eravamo molto amici. A un certo punto a Parma insegnava Campogalliani, uno dei maestri di canto del Novecento una scuola famosissima. Io e Gandolfi eravamo interessati al canto così abbiamo chiesto di assistere alle lezioni. Ci siamo interessati anche di tecnica vocale e del repertorio operistico, dico sempre che l’insegnamento del pianoforte è purtroppo avulso dallo studio delle opere. Manca infatti l’assimilazione del repertorio operistico così chi ha l’intuito di studiare opere da giovane si trova avvantaggiato e magari diventa un direttore d’orchestra o di coro. Di solo pianoforte vivono in pochi. Campogalliani viene nominato direttore della stagione d’opera a Reggio Emilia, così ha preso noi come maestri di sala e di palcoscenico. Gandolfi si preoccupava delle bande interne. Abbiamo debuttato a 22 anni circa.

Cosa funzionava fra voi?

Gandolfi mi stava simpatico perché aveva una notevole vitalità, un’energia vitale molto forte. Io invece ero più chiuso così mi stava molto simpatico. Andavamo d’accordo anche con diversi altri ma c’era una liason fra noi che è stata rafforzata dall’aver debuttato insieme. Dormivamo insieme in una topaia a Reggio Emilia, nella stessa camera. Lui studiava fino alle 4 di mattina perché doveva preparare i corni interni del Tristano e Isotta, un assolo di più di 20 pagine e lui voleva saperlo a memoria.

Come era la vita in quel periodo?

In teatro era più difficile di oggi, non c’era la televisione e i mezzi di adesso. Così Gandolfi si arrampicava su una scala, faceva un buco nelle scene e mentre con una mano teneva aperto il buco per guardare, con l’altra dirigeva l’orchestra interna. Era avventuroso. Si era preparato in 3-4 giorni oggi sarebbe impensabile. C’erano due cantanti di Parma: Anita Corridori e Gavarini, forse Loris di nome.

Avevate un mito?

Von Karajan, lo adoravamo tutti e due. Von Karajan mi invitò per 5 anni a dirigere la scuola di canto del festival, ammirava molto Gandolfi e lo chiedeva sempre per il Coro. C’è una registrazione storica di Messa da Requiem di Verdi con Pavarotti, la Freni e Gandolfi.

E quando la stagione è finita e vi siete separati?

Ci sentivamo per telefono, mi ha raccontato che era stato scritturato in Spagna dal tenore Luigi Infantino. Nel contratto gli veniva garantito vitto, alloggio e un compenso. Poi questo tenore molto noto gli disse «Caro Romano tu mangi troppo». Ci raccontavamo questi aneddoti. Io invece ero andato ad Algeri. Ci siamo rivisti perché era divenuto l’assistente di Benaglio.

Gandolfi in questo modo arrivò a Milano, giusto?

Benaglio era uno dei più grandi direttori di coro della storia. Veneziani, Benaglio e Gandolfi sono stati i più importanti in assoluto. Ci vedevamo a Milano quando passavo, ero sposato con Mirella Freni che cantava spesso alla Scala così ci vedevamo abbastanza spesso. Da assistente di Benaglio ha preso il suo posto, lo aveva seguito a Buenos Aires ma dopo una lite con la Scala venne preso Gandolfi. Dopo un po’ ha litigato anche lui, se n’è andato improvvisamente a Barcellona. Negli ultimi anni mi ha detto che era malato ma non stava così male. Dovevo venire a Parma un giorno di un’estate calda, mi si ruppe l’auto così rimandai. Dopo una settimana è morto. Mi è dispiaciuto non venire quel giorno, non potevo prevedere che non l’avrei più rivisto.

Silvio Marvisi