Addio al Maestro


da L’Informazione di Parma del 21 feb 2006 – pagina 19 di Paola Brianti

 

Addio al Maestro

 

Il Maestro Romano Gandolfi, scomparso nella notte tra venerdì e sabato.
Ieri l’ultimo saluto nella chiesa di Medesano

 

Romano Gandolfi, la foto pubblicata da L'Informazione di Parma il 19 feb 2006

Romano Gandolfi, la foto pubblicata da L’Informazione di Parma il 19 feb 2006

 

Requiem, Maestro. L’ultimo, struggente canto per il grande uomo e musicista si leva altissimo nella chiesa di Medesano, troppo piccola per contenere tanta gloria. Un lungo applauso saluta l’arrivo della salma di Romano Gandolfi, uno dei più grandi direttori di coro al mondo dal secondo dopoguerra, che se n’è andato nella notte tra venerdì e sabato all’età di 71 anni. Dopo il battere delle mani, una spessa commozione e il silenzio che si fa assordante,in attesa di un cenno, una bacchetta. La sua. Sul legno chiaro un mazzo di rose rosse, appoggiate come in uno dei tanti camerini di teatro che l’hanno accolto in vita. Tutto intorno la famiglia, la gente del paese, il mondo che fa musica. Il mondo che vive di successi è uguale nel dolore a quello nato, vissuto e che non si è mai mosso da Medesano: spariscono presidenti, vicepresidenti, sovrintendenti e direttori. Solo uomini dentro i cappotti scuri, ciascuno l’uomo che è, con il desiderio di dare l’estremo saluto al primo della classe che non voleva esser trattato come tale. Eppure così era, «il più grande», «il migliore», «l’insuperabile», mormorano tra i banchi Mirella Freni, il grande soprano, e con lei le vecchie guardie che cantarono con il maestro alla Scala. Commosso il maestro Faelli, il delfino, Gianni Baratta, neo direttore generale della Filarmonica Toscanini, i critici, gli amici. Il suo coro, il Sinfonico di Milano da lui fondato nel 1988, è lì. Nelle mani cartelle piene di partiture sgualcite per la pioggia e il tanto provare. C’è anche la Corale Verdi arricchita dalle voci di Michele Pertusi e di Enrico Iori ad aprire alle 10 la cerimonia con i Beati mortui di Felix Mendelssohn.

«Grazie Romano, perché ci hai contagiato della gioia di vivere». E’ don Gianni Torri, parroco di Medesano, a ricordare durante l’omelia la figura del celebre maestro che non ha mai dimenticato di essere parmense. Concelebranti,don Calza, maestro diplomato in musica corale e don Renato Santi. In prima fila, don Aldo Avanzini, maestro della corale Santa Cecilia. Continua don Gianni: «Grazie per la pietas che infondevi nel canto corale, tu, che dicevi “Davanti al mistero della morte si prega a occhi bassi”. Grazie perchè con la tua musica ci hai coinvolti nel cammino della fede, al desiderio dell’abbraccio definitivo con Dio. Grazie perché hai fatto conoscere Medesano al mondo intero e perché, anche la sera prima di morire, hai detto “Nel mio letto mi sento un signore”».

Piange Medesano, piange la chiesa intera. Fuori, sul sagrato, le corone di fiori spiccano nella nebbia. Una l’ha mandata La Scala, l’altra la FondazioneToscanini, e poi c’è quella del suo coro. Dalla chiesa al cimitero, lungo è il corteo che accompagna il maestro. L’ultima benedizione, poi il paese si svuota, gli uomini escono e salgono in auto, tornano ai loro teatri. Tra le gelide mura del cimitero la famiglia del maestro diventa solo una famiglia. Che sfila dalla tasca uno spartito e lo posa nel sepolcro. Un atto d’amore, profumato d’incenso e musica.

 

Paola Brianti